Viaggio alla missione di Padre Pierino
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MAD2013
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“Amici italiani di Padre Pierino". Questo è quello che c’è scritto sul foglio nelle mani di Padre Paulin e Irvy.
Amici senza mai esserci visti prima, amici senza sapere l’uno il nome dell’altro, amici che in quel momento si guardano negli occhi per la prima volta, AMICI , semplicemente.
Così abbiamo iniziato il diario del nostro viaggio in Madagascar, così siamo stati accolti dai Padri Monfortani.
Il nostro programma era quello di aiutare la comunità di Tamatave di Padre Pierino, organizzando il CRE per bambini del quartiere: l’idea è piaciuta così tanto che al nostro arrivo siamo stati accolti da quasi 700 ragazzi e dai loro genitori.
Amici senza mai esserci visti prima, amici senza sapere l’uno il nome dell’altro, amici che in quel momento si guardano negli occhi per la prima volta, AMICI , semplicemente.
Così abbiamo iniziato il diario del nostro viaggio in Madagascar, così siamo stati accolti dai Padri Monfortani.
Il nostro programma era quello di aiutare la comunità di Tamatave di Padre Pierino, organizzando il CRE per bambini del quartiere: l’idea è piaciuta così tanto che al nostro arrivo siamo stati accolti da quasi 700 ragazzi e dai loro genitori.
Eravamo
perfettamente consapevoli del fatto che non avremmo svolto dei lavori utili dal
punto di vista “pratico”, e che sicuramente non avremmo migliorato la
condizione di povertà di queste persone, ma comunque propositivi e desiderosi
di fare del nostro meglio.
Il Madagascar, un po’ come tutta l’Africa, è un Paese dove i bambini sono moltissimi: il numero medio di figli per famiglia è 10, e non appena sono in grado di camminare, diventano completamente autonomi. I genitori non se ne prendono molta cura e perciò i ragazzi passano le loro giornate giocando a calcio in mezzo agli zebù, facendo l’elemosina e vendendo oggetti di ogni tipo.
Siamo stati quindi ben felici di creare un ambiente protetto e propositivo per la comunità. Siamo rimasti molto colpiti dall’energia che queste persone sprigionano in ogni attività , ma soprattutto dalla serenità che hanno saputo trasmetterci, nonostante le situazioni di difficoltà che vivono ogni giorno.
Padre Pierino ci ha mostrato le contraddizioni di questa Terra estremamente ricca dal punto di vista ambientale (acqua e possibilità di coltivare non mancano), ma con difficoltà politiche e culturali tali da non permettere una vita agiata alla popolazione.
Istruzione, sanità e tutti i servizi fondamentali sono a pagamento, nelle città non tutte le strade sono asfaltate, ci sono villaggi sperduti nella foresta a centinaia di km di distanza dal primo ospedale, tantissime persone vivono in capanne di banano insieme agli animali, camminano a piedi nudi in mezzo all’immondizia e bruciano i rifiuti.
Nonostante questa difficile realtà siamo stati accolti con una dolcezza e una gioia che noi occidentali fatichiamo a concepire. Ci siamo sentiti parte di qualcosa di grande, accompagnati anche dalla incredibile Fede di Padre Pierino Limonta e di tutti gli altri Padri Monfortani.
Per poter capire tutto quello che abbiamo vissuto c’è solo un modo: vivere direttamente questi istanti, questa realtà, questo mondo così lontano dal nostro.
“Il viaggio di scoperta non consiste nel vedere nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”.
Letizia_22 anni
Il Madagascar, un po’ come tutta l’Africa, è un Paese dove i bambini sono moltissimi: il numero medio di figli per famiglia è 10, e non appena sono in grado di camminare, diventano completamente autonomi. I genitori non se ne prendono molta cura e perciò i ragazzi passano le loro giornate giocando a calcio in mezzo agli zebù, facendo l’elemosina e vendendo oggetti di ogni tipo.
Siamo stati quindi ben felici di creare un ambiente protetto e propositivo per la comunità. Siamo rimasti molto colpiti dall’energia che queste persone sprigionano in ogni attività , ma soprattutto dalla serenità che hanno saputo trasmetterci, nonostante le situazioni di difficoltà che vivono ogni giorno.
Padre Pierino ci ha mostrato le contraddizioni di questa Terra estremamente ricca dal punto di vista ambientale (acqua e possibilità di coltivare non mancano), ma con difficoltà politiche e culturali tali da non permettere una vita agiata alla popolazione.
Istruzione, sanità e tutti i servizi fondamentali sono a pagamento, nelle città non tutte le strade sono asfaltate, ci sono villaggi sperduti nella foresta a centinaia di km di distanza dal primo ospedale, tantissime persone vivono in capanne di banano insieme agli animali, camminano a piedi nudi in mezzo all’immondizia e bruciano i rifiuti.
Nonostante questa difficile realtà siamo stati accolti con una dolcezza e una gioia che noi occidentali fatichiamo a concepire. Ci siamo sentiti parte di qualcosa di grande, accompagnati anche dalla incredibile Fede di Padre Pierino Limonta e di tutti gli altri Padri Monfortani.
Per poter capire tutto quello che abbiamo vissuto c’è solo un modo: vivere direttamente questi istanti, questa realtà, questo mondo così lontano dal nostro.
“Il viaggio di scoperta non consiste nel vedere nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”.
Letizia_22 anni
Misaotra betshaka Madagascar
Ogni volta che incontro un volto, una storia, uno sguardo profondo che ti attraversa l'anima mi fermo per un secondo e prometto a me stessa di scrivere, di fermare sulla carta il turbinio di emozioni che ti travolgono e ti lasciano con tanti punti interrogativi, tante domande a cui non riesci a dare risposta, tanti perché. Ma non riesco... Ho il cuore invaso di ricordi meravigliosi, di abbracci, strappati, di sorrisi donati. Questo mi basta.
Il Madagascar ti entra nel cuore...la sua terra rossa e accogliente, la sua gente meravigliosa che è capace di farti sentire a casa, i suoi paesaggi mozzafiato e il cielo.
Il cielo e le stelle, come sono brillanti e quanto sembrano vicine.
Il cielo è bellissimo, denso di stelle come in Italia non si riesce nemmeno ad immaginare. Con il naso in su, verso il cielo, verso quel luogo in cui riposare i propri occhi, il proprio corpo e il proprio pensiero.
I pensieri corrono veloci in questa terra.
Il pensiero alla mia famiglia che con il cuore mi è accanto e mi sostiene, penso al mio amarla e al mio sentirmi indiscutibilmente amata; il pensiero è alla mia comunità che è in viaggio con noi e che ci accompagna con la preghiera; ai miei amici, quelli che sai che ci sono con il cuore anche quando non ci sei tu.
Quest'isola aiuta a riflettere. Nelle lunghe notti piovose, quando l'odore della pioggia e della terra bagnata risveglia i tuoi sensi e accende ricordi, in quei momenti pensi alla tua vita intera e ti poni tanti interrogativi. La necessità di non perdersi in sciocchezze è evidente; il bisogno di affrontare con il sorriso la vita, le fatiche quotidiane, le relazioni con il nostro prossimo si alza come un grido nel caos del mio cuore in subbuglio.
È il sorriso la carta vincente.
Ne sono certa e l'ho letto negli occhi di Padre Pierino, padre monfortano che ci ha accolto nella sua parrocchia del “Sacre Coeur” di Tamatave. È stato il nostro “papà” in queste tre settimane di permanenza in terra malgascia, un esempio da imitare, un temperamento di carattere che mi ha colpito, un “uomo di Dio” che vive evangelicamente la sua missione, con totale fiducia e abbandono alla Provvidenza. Padre Pierino, nonostante le tante difficoltà, ha sempre il sorriso sulle labbra: un sorriso dolce, buono, accogliente.
Un sorriso di pace che in questi giorni mi ha profondamente messo in crisi, mi ha fatto riflettere e mi ha aiutato a migliorarmi.
É il sorriso dei seicento bambini a cui abbiamo fatto il CRE che mi ha fatto capire di stavo andando nella direzione giusta.
Sono gli occhi sorridenti dei bambini incontrati nei villaggi, tra fango e capanne di banano, a farmi capire che c'è sicuramente Altro a dare un senso profondo alla tua vita e a ciò che fai.
Ora per me il Madagascar è casa.
Ti senti appartenere a quella terra, a quel cielo meraviglioso e immenso. Spesso mi sono sorpresa con le lacrime agli occhi: lacrime piene di emozione come se quello che sento dentro, ciò che provo fosse così grande e immenso da non poterlo contenere tutto e non trovi altra via di fuga che attraverso gli occhi. Forse per questo ho pianto nel lasciare quella terra. Per questo l'ho salutata con un arrivederci.
Misaotra Betshaka Madagascar.
Grazie mille Madagascar.
Tecla _ 26 anni
Ogni volta che incontro un volto, una storia, uno sguardo profondo che ti attraversa l'anima mi fermo per un secondo e prometto a me stessa di scrivere, di fermare sulla carta il turbinio di emozioni che ti travolgono e ti lasciano con tanti punti interrogativi, tante domande a cui non riesci a dare risposta, tanti perché. Ma non riesco... Ho il cuore invaso di ricordi meravigliosi, di abbracci, strappati, di sorrisi donati. Questo mi basta.
Il Madagascar ti entra nel cuore...la sua terra rossa e accogliente, la sua gente meravigliosa che è capace di farti sentire a casa, i suoi paesaggi mozzafiato e il cielo.
Il cielo e le stelle, come sono brillanti e quanto sembrano vicine.
Il cielo è bellissimo, denso di stelle come in Italia non si riesce nemmeno ad immaginare. Con il naso in su, verso il cielo, verso quel luogo in cui riposare i propri occhi, il proprio corpo e il proprio pensiero.
I pensieri corrono veloci in questa terra.
Il pensiero alla mia famiglia che con il cuore mi è accanto e mi sostiene, penso al mio amarla e al mio sentirmi indiscutibilmente amata; il pensiero è alla mia comunità che è in viaggio con noi e che ci accompagna con la preghiera; ai miei amici, quelli che sai che ci sono con il cuore anche quando non ci sei tu.
Quest'isola aiuta a riflettere. Nelle lunghe notti piovose, quando l'odore della pioggia e della terra bagnata risveglia i tuoi sensi e accende ricordi, in quei momenti pensi alla tua vita intera e ti poni tanti interrogativi. La necessità di non perdersi in sciocchezze è evidente; il bisogno di affrontare con il sorriso la vita, le fatiche quotidiane, le relazioni con il nostro prossimo si alza come un grido nel caos del mio cuore in subbuglio.
È il sorriso la carta vincente.
Ne sono certa e l'ho letto negli occhi di Padre Pierino, padre monfortano che ci ha accolto nella sua parrocchia del “Sacre Coeur” di Tamatave. È stato il nostro “papà” in queste tre settimane di permanenza in terra malgascia, un esempio da imitare, un temperamento di carattere che mi ha colpito, un “uomo di Dio” che vive evangelicamente la sua missione, con totale fiducia e abbandono alla Provvidenza. Padre Pierino, nonostante le tante difficoltà, ha sempre il sorriso sulle labbra: un sorriso dolce, buono, accogliente.
Un sorriso di pace che in questi giorni mi ha profondamente messo in crisi, mi ha fatto riflettere e mi ha aiutato a migliorarmi.
É il sorriso dei seicento bambini a cui abbiamo fatto il CRE che mi ha fatto capire di stavo andando nella direzione giusta.
Sono gli occhi sorridenti dei bambini incontrati nei villaggi, tra fango e capanne di banano, a farmi capire che c'è sicuramente Altro a dare un senso profondo alla tua vita e a ciò che fai.
Ora per me il Madagascar è casa.
Ti senti appartenere a quella terra, a quel cielo meraviglioso e immenso. Spesso mi sono sorpresa con le lacrime agli occhi: lacrime piene di emozione come se quello che sento dentro, ciò che provo fosse così grande e immenso da non poterlo contenere tutto e non trovi altra via di fuga che attraverso gli occhi. Forse per questo ho pianto nel lasciare quella terra. Per questo l'ho salutata con un arrivederci.
Misaotra Betshaka Madagascar.
Grazie mille Madagascar.
Tecla _ 26 anni
MADAGASCAR: L'ISOLA DELLE EMOZIONI, L'ISOLA DELLA FELICITA'
In molti mi hanno chiesto di raccontare la mia esperienza
sull'isola, ma io come i miei compagni di viaggio, da quando siamo tornati
abbiamo avuto una sensazione strana.
Io in particolare appena tornata, non avevo voglia di vedere nessuno, ero felicissima ma rifiutavo forse l'idea di essere tornata alla normalità, alla quotidianità ed evitavo tutto ciò di cui mi ero accorta di aver fatto tranquillamente a meno.
Al contrario avevo la necessità di vedere e di sentire spesso chi con me aveva condiviso questo viaggio, sembrava che solo con loro riuscissi a stare bene, forse perché solo loro possono realmente capire ogni emozione, ogni pensiero fatto sull'isola.
Ho raccontato la mia esperienza ad alcune persone e l'ho fatto cercando di fissarle negli occhi, fissare il loro viso per capire realmente cosa stavano pensando. Alcuni facevano smorfie, o mi guardavano con quell'aria "ma tu sei matta ad aver fatto tutto ciò" così tralasciavo le parti riguardanti il nostro adattamento perché sapevo che di tutto il mio racconto avrebbero ricordato solo questo, e ciò è molto riduttivo per il paese fantastico che è il Madagascar.
Mi piacerebbe poter trasmettere a tutti la bellezza di quel posto, mi piacerebbe far nascere dentro ogni persona la voglia di visitare quella magica isola piena di emozioni e perché no, mi piacerebbe che tutti avessero l'entusiasmo e la forza di volontà di poter fare un'esperienza di volontariato per guardare il proprio paese con occhi diversi, per mettersi in gioco o anche solo per poter vedere gli sguardi dei bambini Malgasci.
Per ora, in molti mi hanno detto"Apprezzo tanto quello che hai fatto, ma io non sarei mai riuscito" e io mi chiedo perché, perché è cosi difficile partire per un paese povero e poter donare una piccola cosa? Anche solo un semplice sorriso o una carezza, può essere considerato tutto per loro.
Io credo di non aver fatto niente di speciale, anzi ho dato pochissimo rispetto a tutto ciò che mi è stato donato e che spero mi rimanga nel cuore, anche se a volte ho paura che la quotidianità e i problemi del nostro paese piano piano sommergano quelle emozioni e quello stato d'animo che ho vissuto.
Io in particolare appena tornata, non avevo voglia di vedere nessuno, ero felicissima ma rifiutavo forse l'idea di essere tornata alla normalità, alla quotidianità ed evitavo tutto ciò di cui mi ero accorta di aver fatto tranquillamente a meno.
Al contrario avevo la necessità di vedere e di sentire spesso chi con me aveva condiviso questo viaggio, sembrava che solo con loro riuscissi a stare bene, forse perché solo loro possono realmente capire ogni emozione, ogni pensiero fatto sull'isola.
Ho raccontato la mia esperienza ad alcune persone e l'ho fatto cercando di fissarle negli occhi, fissare il loro viso per capire realmente cosa stavano pensando. Alcuni facevano smorfie, o mi guardavano con quell'aria "ma tu sei matta ad aver fatto tutto ciò" così tralasciavo le parti riguardanti il nostro adattamento perché sapevo che di tutto il mio racconto avrebbero ricordato solo questo, e ciò è molto riduttivo per il paese fantastico che è il Madagascar.
Mi piacerebbe poter trasmettere a tutti la bellezza di quel posto, mi piacerebbe far nascere dentro ogni persona la voglia di visitare quella magica isola piena di emozioni e perché no, mi piacerebbe che tutti avessero l'entusiasmo e la forza di volontà di poter fare un'esperienza di volontariato per guardare il proprio paese con occhi diversi, per mettersi in gioco o anche solo per poter vedere gli sguardi dei bambini Malgasci.
Per ora, in molti mi hanno detto"Apprezzo tanto quello che hai fatto, ma io non sarei mai riuscito" e io mi chiedo perché, perché è cosi difficile partire per un paese povero e poter donare una piccola cosa? Anche solo un semplice sorriso o una carezza, può essere considerato tutto per loro.
Io credo di non aver fatto niente di speciale, anzi ho dato pochissimo rispetto a tutto ciò che mi è stato donato e che spero mi rimanga nel cuore, anche se a volte ho paura che la quotidianità e i problemi del nostro paese piano piano sommergano quelle emozioni e quello stato d'animo che ho vissuto.
Da cosa è nata la mia idea di voler fare del volontariato?
Da poco avevo terminato gli studi, uno dei miei grandi obiettivi che mi aveva occupato testa e molto tempo e questo era uno di quei sogni che avevo nel profondo ma che nessuno sapeva.
Inoltre avevo voglia di dare, dare a qualcuno che avrebbe apprezzato il mio sforzo, non per avere qualcosa in cambio ma semplicemente per sentirsi utili veramente per qualcuno che è un po' la forza nel mio lavoro, devo pensare di poter essere importante per la crescita dei miei bambini, questo mi fa amare ciò che faccio.
Appena ho deciso di fare questo tipo di esperienza ho chiesto al mio capo, che ha approvato sin da subito, se avesse dei contatti e mi ha proposto l'India.
Non so come mai ma come prima esperienza l'India non mi attraeva, non ho sentito lo stesso brivido come quando mi è stato proposta l'Africa, o meglio il Madagascar.
A volte mi capitava di vedere delle immagini, delle pubblicità in televisione con dei bambini africani e rimanevo incantata, fissavo i loro volti tristi e sporchi, sembrava mi stessero chiamando quindi accettai subito la proposta senza nemmeno sapere di cosa si trattasse. Mi piaceva, mi piaceva tantissimo come destinazione e dal momento che ho avuto la conferma è iniziato ad apparire sul mio viso il sorriso, e una forza dentro di me che non pensavo di avere, tutto ciò che facevo era proiettato al Madagascar, contavo i giorni che mancavano alla data della partenza.
Abbiamo fatto tutti insieme un percorso di preparazione a questo viaggio, riflessioni, e soprattutto abbiamo organizzato il nostro "lavoro" una volta arrivati a destinazione.
Dalle responsabili/organizzatrici del mio viaggio mi è stato chiesto di scrivere un diario, idea che avevo già, per poter fissare anche sulla carta tutte le mie esperienze e poterle rivivere ogni momento della mia vita.
La frase che apre il mio diario è:" Sii il cambiamento che vorresti vedere nel mondo"
Perché questa frase?
Perché la mia vita prima di partire, come ora, è in una fase di cambiamenti, di crescita personale, di realizzazione di obiettivi e traguardi importanti. Tra questi vi era il mio viaggio o meglio il mio bisogno di scappare da questo mondo per dedicarmi almeno per un mese a chi ne aveva realmente bisogno, e ora come prima, non sono ancora convinta di aver esaurito la mia voglia di dare in quel mese, ne servirebbero molti altri, speriamo di poterli realizzare!
Una settimana prima della partenza, non nego che fossi tesa, le organizzatrici e responsabili del viaggio per un problema serio di salute non sono riuscite a partire e io mi sono sentita un po' spaesata, un po' "lasciata allo sbaraglio".
Sapevo che una volta arrivati in Madagascar eravamo in ottime mani ma il non avere loro e il sentire un po' la responsabilità nelle mie mani mi spaventava, era la mia prima esperienza in questo tipo di viaggio e non volevo sbagliare, non dovevo sbagliare!
Finalmente, il tanto atteso giorno della partenza, è arrivato, ero felicissima, salutavo i miei familiari che trattenevano le lacrime ma io mi sentivo bene come non ero stata mai!
Il viaggio in aereo è stato lungo. Ero in aereo da solo 5 ore e sembrava un'eternità,ma era bellissimo, perché ero circondata da persone sconosciute e tra loro vedevo i volti dei miei compagni di viaggio conosciuti poco tempo prima ma che sembrava di conoscere da una vita intera.
Li guardavo e li riconoscevo già come amici anche se non c'era nulla che potesse far pensare ad un'amicizia eravamo quasi sconosciuti.
Dopo il lungo viaggio in aereo siamo finalmente arrivati in capitale ad Antananarivo.
Era sera, eravamo stanchissimi, non abbiamo avuto le forze di sistemarci, abbiamo solo cenato e subito a letto perché l'indomani ci aspettava ancora un viaggio in pullman per raggiungere Tamatave.
La nottata per me è passata tranquilla, ho dormito benissimo e mi sono alzata con la voglia e l'entusiasmo di vedere quei volti che ho tanto immaginato. Per altri è stata un po' tormentata dalla presenza delle formiche e delle tanto temute zanzare.
La mattina, dopo una colazione abbondante ho visto per la prima volta un lemure, era in una gabbia, poi abbasso gli occhi e vedo un camaleonte, i due classici animali dell'isola, mi rassicurano che ne avrei visti di tutte le forme e colori, non vedevo l'ora.
Carichiamo tutte le nostre valigie sul pulmino,e si parte finalmente per quel paesino di cui avevo molto sentito parlare ma che non riuscivo ad immaginare.
Ero sul pulmino e non riuscivo a staccare gli occhi dal finestrino, non volevo perdere niente, volevo poter osservare tutto ciò che era possibile, mi sembrava di essere un neonato la prima volta che vede il mondo, la prima volta che vede la sua mamma, mi sentivo dentro la voglia di conoscere e sapere tutto di questo posto che sin da subito mi è apparso tanto diverso.
Dopo varie ore in viaggio in pulmino, finalmente siamo arrivati in quel posto che per tre settimane sarebbe stato la nostra casa.
Ad accoglierci un gruppo numerosissimo di bambini che gridava, applaudiva ma soprattutto sorrideva e trasmetteva la gioia di vederci!
Non ero mai stata accolta da nessuna parte in quel modo, nessuno mi aveva donato cosi tanti sorrisi in pochi minuti, cosi tanti applausi per cosa?
Ero appena arrivata in quel paesino, avevo appena appoggiato i miei piedi sulla terra detta la terra rossa e già ero commossa, non sono riuscita a trattenere le lacrime, quei piccolini non mi conoscevano e mi abbracciavano e mi stringevano la mano per ringraziarmi senza aver fatto ancora nulla.
Io, come tutti i miei compagni,avevamo il cuore che esplodeva.
Una mia compagna di viaggio per quest'occasione ha scritto:"Mi sono sentita importante, come credo nessuno in Italia sia mai stato in grado di farmi sentire così", concordo pienamente, loro mi hanno fatto sentire veramente importante.
Da poco avevo terminato gli studi, uno dei miei grandi obiettivi che mi aveva occupato testa e molto tempo e questo era uno di quei sogni che avevo nel profondo ma che nessuno sapeva.
Inoltre avevo voglia di dare, dare a qualcuno che avrebbe apprezzato il mio sforzo, non per avere qualcosa in cambio ma semplicemente per sentirsi utili veramente per qualcuno che è un po' la forza nel mio lavoro, devo pensare di poter essere importante per la crescita dei miei bambini, questo mi fa amare ciò che faccio.
Appena ho deciso di fare questo tipo di esperienza ho chiesto al mio capo, che ha approvato sin da subito, se avesse dei contatti e mi ha proposto l'India.
Non so come mai ma come prima esperienza l'India non mi attraeva, non ho sentito lo stesso brivido come quando mi è stato proposta l'Africa, o meglio il Madagascar.
A volte mi capitava di vedere delle immagini, delle pubblicità in televisione con dei bambini africani e rimanevo incantata, fissavo i loro volti tristi e sporchi, sembrava mi stessero chiamando quindi accettai subito la proposta senza nemmeno sapere di cosa si trattasse. Mi piaceva, mi piaceva tantissimo come destinazione e dal momento che ho avuto la conferma è iniziato ad apparire sul mio viso il sorriso, e una forza dentro di me che non pensavo di avere, tutto ciò che facevo era proiettato al Madagascar, contavo i giorni che mancavano alla data della partenza.
Abbiamo fatto tutti insieme un percorso di preparazione a questo viaggio, riflessioni, e soprattutto abbiamo organizzato il nostro "lavoro" una volta arrivati a destinazione.
Dalle responsabili/organizzatrici del mio viaggio mi è stato chiesto di scrivere un diario, idea che avevo già, per poter fissare anche sulla carta tutte le mie esperienze e poterle rivivere ogni momento della mia vita.
La frase che apre il mio diario è:" Sii il cambiamento che vorresti vedere nel mondo"
Perché questa frase?
Perché la mia vita prima di partire, come ora, è in una fase di cambiamenti, di crescita personale, di realizzazione di obiettivi e traguardi importanti. Tra questi vi era il mio viaggio o meglio il mio bisogno di scappare da questo mondo per dedicarmi almeno per un mese a chi ne aveva realmente bisogno, e ora come prima, non sono ancora convinta di aver esaurito la mia voglia di dare in quel mese, ne servirebbero molti altri, speriamo di poterli realizzare!
Una settimana prima della partenza, non nego che fossi tesa, le organizzatrici e responsabili del viaggio per un problema serio di salute non sono riuscite a partire e io mi sono sentita un po' spaesata, un po' "lasciata allo sbaraglio".
Sapevo che una volta arrivati in Madagascar eravamo in ottime mani ma il non avere loro e il sentire un po' la responsabilità nelle mie mani mi spaventava, era la mia prima esperienza in questo tipo di viaggio e non volevo sbagliare, non dovevo sbagliare!
Finalmente, il tanto atteso giorno della partenza, è arrivato, ero felicissima, salutavo i miei familiari che trattenevano le lacrime ma io mi sentivo bene come non ero stata mai!
Il viaggio in aereo è stato lungo. Ero in aereo da solo 5 ore e sembrava un'eternità,ma era bellissimo, perché ero circondata da persone sconosciute e tra loro vedevo i volti dei miei compagni di viaggio conosciuti poco tempo prima ma che sembrava di conoscere da una vita intera.
Li guardavo e li riconoscevo già come amici anche se non c'era nulla che potesse far pensare ad un'amicizia eravamo quasi sconosciuti.
Dopo il lungo viaggio in aereo siamo finalmente arrivati in capitale ad Antananarivo.
Era sera, eravamo stanchissimi, non abbiamo avuto le forze di sistemarci, abbiamo solo cenato e subito a letto perché l'indomani ci aspettava ancora un viaggio in pullman per raggiungere Tamatave.
La nottata per me è passata tranquilla, ho dormito benissimo e mi sono alzata con la voglia e l'entusiasmo di vedere quei volti che ho tanto immaginato. Per altri è stata un po' tormentata dalla presenza delle formiche e delle tanto temute zanzare.
La mattina, dopo una colazione abbondante ho visto per la prima volta un lemure, era in una gabbia, poi abbasso gli occhi e vedo un camaleonte, i due classici animali dell'isola, mi rassicurano che ne avrei visti di tutte le forme e colori, non vedevo l'ora.
Carichiamo tutte le nostre valigie sul pulmino,e si parte finalmente per quel paesino di cui avevo molto sentito parlare ma che non riuscivo ad immaginare.
Ero sul pulmino e non riuscivo a staccare gli occhi dal finestrino, non volevo perdere niente, volevo poter osservare tutto ciò che era possibile, mi sembrava di essere un neonato la prima volta che vede il mondo, la prima volta che vede la sua mamma, mi sentivo dentro la voglia di conoscere e sapere tutto di questo posto che sin da subito mi è apparso tanto diverso.
Dopo varie ore in viaggio in pulmino, finalmente siamo arrivati in quel posto che per tre settimane sarebbe stato la nostra casa.
Ad accoglierci un gruppo numerosissimo di bambini che gridava, applaudiva ma soprattutto sorrideva e trasmetteva la gioia di vederci!
Non ero mai stata accolta da nessuna parte in quel modo, nessuno mi aveva donato cosi tanti sorrisi in pochi minuti, cosi tanti applausi per cosa?
Ero appena arrivata in quel paesino, avevo appena appoggiato i miei piedi sulla terra detta la terra rossa e già ero commossa, non sono riuscita a trattenere le lacrime, quei piccolini non mi conoscevano e mi abbracciavano e mi stringevano la mano per ringraziarmi senza aver fatto ancora nulla.
Io, come tutti i miei compagni,avevamo il cuore che esplodeva.
Una mia compagna di viaggio per quest'occasione ha scritto:"Mi sono sentita importante, come credo nessuno in Italia sia mai stato in grado di farmi sentire così", concordo pienamente, loro mi hanno fatto sentire veramente importante.
Il 31 luglio abbiamo effettuato il primo giorno di CRE,
siamo stati accompagnati da Padre Pierino nel salone in cui avremmo svolto
tutte le nostre attività, e abbiamo conosciuto i nostri bimbi.
Ero letteralmente senza parole, erano numerosissimi, erano lì tutti in fila, attentissimi alle parole che Pierino diceva, erano lì tutti per noi.
Non nego che ero realmente preoccupata, erano numerosi, mi chiedevo come avremmo potuto fare a farli giocare e soprattutto "tenere a bada" tutti loro.
In Italia sono abituata ad avere un'insegnante ogni 10, 20 massimo 30 bambini in base all'età, lì c'era uno sciame di bambini.
Pierino mi tranquillizzava dicendomi che lì sarebbe stato diverso, aveva ragione nell'isola tutto è diverso, tutto è magico così mi sono rimboccata le maniche e ho deciso di dare tutta me stessa a loro, volevo farli divertire, volevo fare in modo che anche se per poco, potessero ricordarsi di me come "la ragazza italiana che li ha fatti giocare e che li ha coccolati".
Sapevo, e ciò mi dispiaceva, che non avrei potuto risolvere tutti i loro problemi economici, politici o la situazione di degrado in cui vivono, ma volevo per lo meno poter donare loro un sorriso, un momento di gioco o semplicemente un momento di serenità e di svago; speravo con tutto il cuore di poterli aiutare in qualche modo.
I giorni del CRE si alternavano ad uscite e visite, la prima è stata d Anivorano, un paese nella foresta, abbiamo potuto vedere da vicino come le famiglie vivono in case di banano, tutti insieme in quella piccola palafitta sollevata da terra per evitare che durante la stagione delle piogge potesse entrare l'acqua.
In Madagascar come in tutta l'Africa le famiglie sono molto numerose e i bambini più grandi si prendono cura di quelli più piccoli.
I bambini , che non potendo frequentare la scuola perché a pagamento, occupano l'intera giornata per strada con le loro ciabattine completamente inzuppate nel fango, a vendere qualsiasi cosa oppure a chiedere l'elemosina.
Quando vedi certe immagini ti poni molte domande ma la prima di queste, che purtroppo non ha risposta, è "Perché? "
Poi cerchi di ragionare e ti chiedi"Perché questi bambini non hanno le stesse possibilità dei bambini italiani? Cosa hanno fatto loro di tanto diverso? Come posso io aiutarli?"
Di fronte a questa realtà ti senti completamente inutile. E' straziante guardarli mentre li vedi giocare nelle fogne e non puoi fare niente, vorresti gridare "Stai attento spostati, così ti ammali" ma li guardi negli occhi e loro sono felici, ti sorridono.
Si, i bambini dell'isola e tutte gli adulti sono diverse da noi perché sono felici, non possiedono niente ma sono felici, ti guardano, ti salutano e ti sorridono.
In Italia avevo visto immagini di bambini che chiedevano l'elemosina, ma non so come spiegare che lì è ancora peggio, lì i bambini muoiono per dei virus che in Italia sono curabili, gli adulti a 40/50 anni hanno già trascorso la maggior parte della loro vita e possono ritenersi fortunati, perché la vita media è molto bassa.
E io? Io ero lì a guardare, ad ascoltare tutte le storie che Pierino ci raccontava e non potevo far niente.
E' proprio in quel momento che ti rendi conto di cosa è realmente importante, non è una frase fatta.
Solo chi vede da vicino, prova certe sensazioni può realmente capire cosa è importante nella vita.
Nella vita è importante avere un cuore e amare, dimostrare a tutti quanto è bello amare, aprire a tutti il tuo cuore, è importante sorridere, guardare la vita con il sorriso e avere una gran voglia di vivere.
La cosa che più mi ha stupito e mi ha lasciato senza parole che la comunità che abbiamo conosciuto nella foresta oltre ad offrici le loro prelibatezze che espongono in questa sorta di bancarelle o spesso anche per terra quindi esposte a tutto, ad insetti al fango, alla pioggia a qualsiasi cosa si possa immaginare, ci hanno invitato a pranzo, ci hanno regalato del cibo e soprattutto hanno pagato il Padre che era con noi perchè volevano che pregasse per noi e per le nostre famiglie.
Se mi fermo a pensare al gesto che questa comunità intera ha fatto, mi viene la pelle d'oca.
In Italia in pochissimi si priverebbe di qualche spicciolo per farti benedire ma sull'isola, un paese assolutamente povero, si sono privati di alcuni soldi per darli a me, sconosciuta, a me straniera, a me che provengo da un paese ricco.
La prima cosa che mi ha colpito appena ho potuto vedere i vari paesi, è la condizione in cui queste persone vivono, ci sono delle condizioni igieniche impensabili, in casa non hanno l'acqua potabile.
I più fortunati devono raggiungere il cortile per trovare dell'acqua,chi lo è meno deve raggiungere il primo fiume per lavare i panni, le pentole con le mani e i piedi e poi stendere i loro vestiti ad asciugare in mezzo al fango o sulle foglie degli alberi.
Non sempre hanno la luce in casa quindi cercano di vivere in base alla luce solare, cucinano su dei fornelli all'aria aperta esposti a tutto, con galline e molti animali a contatto con le loro cose e mangiano il cibo da loro preparato seduti in mezzo al fango.
I bagni spesso sono delle vere e proprie latrine o nella maggior parte dei casi in qualsiasi luogo si trovino, anche in mezzo alla gente, espellono i loro bisogni fisiologici.
Queste sono tutte le cose che ho osservato in silenzio nei primi giorni ma alle quali mi sono completamente adattata.
Io, un tipo a volte un po' schizzinoso, non ho avuto nessuna difficoltà a vivere in queste condizioni, pensavo di dover avere bisogno di tempo per adattarmi, per razionalizzare che è il loro modo di vivere, invece quando ti guardi intorno dopo un giorno tutto ti sembra così normale, e tutto ciò diventa anche parte di te!
Ero letteralmente senza parole, erano numerosissimi, erano lì tutti in fila, attentissimi alle parole che Pierino diceva, erano lì tutti per noi.
Non nego che ero realmente preoccupata, erano numerosi, mi chiedevo come avremmo potuto fare a farli giocare e soprattutto "tenere a bada" tutti loro.
In Italia sono abituata ad avere un'insegnante ogni 10, 20 massimo 30 bambini in base all'età, lì c'era uno sciame di bambini.
Pierino mi tranquillizzava dicendomi che lì sarebbe stato diverso, aveva ragione nell'isola tutto è diverso, tutto è magico così mi sono rimboccata le maniche e ho deciso di dare tutta me stessa a loro, volevo farli divertire, volevo fare in modo che anche se per poco, potessero ricordarsi di me come "la ragazza italiana che li ha fatti giocare e che li ha coccolati".
Sapevo, e ciò mi dispiaceva, che non avrei potuto risolvere tutti i loro problemi economici, politici o la situazione di degrado in cui vivono, ma volevo per lo meno poter donare loro un sorriso, un momento di gioco o semplicemente un momento di serenità e di svago; speravo con tutto il cuore di poterli aiutare in qualche modo.
I giorni del CRE si alternavano ad uscite e visite, la prima è stata d Anivorano, un paese nella foresta, abbiamo potuto vedere da vicino come le famiglie vivono in case di banano, tutti insieme in quella piccola palafitta sollevata da terra per evitare che durante la stagione delle piogge potesse entrare l'acqua.
In Madagascar come in tutta l'Africa le famiglie sono molto numerose e i bambini più grandi si prendono cura di quelli più piccoli.
I bambini , che non potendo frequentare la scuola perché a pagamento, occupano l'intera giornata per strada con le loro ciabattine completamente inzuppate nel fango, a vendere qualsiasi cosa oppure a chiedere l'elemosina.
Quando vedi certe immagini ti poni molte domande ma la prima di queste, che purtroppo non ha risposta, è "Perché? "
Poi cerchi di ragionare e ti chiedi"Perché questi bambini non hanno le stesse possibilità dei bambini italiani? Cosa hanno fatto loro di tanto diverso? Come posso io aiutarli?"
Di fronte a questa realtà ti senti completamente inutile. E' straziante guardarli mentre li vedi giocare nelle fogne e non puoi fare niente, vorresti gridare "Stai attento spostati, così ti ammali" ma li guardi negli occhi e loro sono felici, ti sorridono.
Si, i bambini dell'isola e tutte gli adulti sono diverse da noi perché sono felici, non possiedono niente ma sono felici, ti guardano, ti salutano e ti sorridono.
In Italia avevo visto immagini di bambini che chiedevano l'elemosina, ma non so come spiegare che lì è ancora peggio, lì i bambini muoiono per dei virus che in Italia sono curabili, gli adulti a 40/50 anni hanno già trascorso la maggior parte della loro vita e possono ritenersi fortunati, perché la vita media è molto bassa.
E io? Io ero lì a guardare, ad ascoltare tutte le storie che Pierino ci raccontava e non potevo far niente.
E' proprio in quel momento che ti rendi conto di cosa è realmente importante, non è una frase fatta.
Solo chi vede da vicino, prova certe sensazioni può realmente capire cosa è importante nella vita.
Nella vita è importante avere un cuore e amare, dimostrare a tutti quanto è bello amare, aprire a tutti il tuo cuore, è importante sorridere, guardare la vita con il sorriso e avere una gran voglia di vivere.
La cosa che più mi ha stupito e mi ha lasciato senza parole che la comunità che abbiamo conosciuto nella foresta oltre ad offrici le loro prelibatezze che espongono in questa sorta di bancarelle o spesso anche per terra quindi esposte a tutto, ad insetti al fango, alla pioggia a qualsiasi cosa si possa immaginare, ci hanno invitato a pranzo, ci hanno regalato del cibo e soprattutto hanno pagato il Padre che era con noi perchè volevano che pregasse per noi e per le nostre famiglie.
Se mi fermo a pensare al gesto che questa comunità intera ha fatto, mi viene la pelle d'oca.
In Italia in pochissimi si priverebbe di qualche spicciolo per farti benedire ma sull'isola, un paese assolutamente povero, si sono privati di alcuni soldi per darli a me, sconosciuta, a me straniera, a me che provengo da un paese ricco.
La prima cosa che mi ha colpito appena ho potuto vedere i vari paesi, è la condizione in cui queste persone vivono, ci sono delle condizioni igieniche impensabili, in casa non hanno l'acqua potabile.
I più fortunati devono raggiungere il cortile per trovare dell'acqua,chi lo è meno deve raggiungere il primo fiume per lavare i panni, le pentole con le mani e i piedi e poi stendere i loro vestiti ad asciugare in mezzo al fango o sulle foglie degli alberi.
Non sempre hanno la luce in casa quindi cercano di vivere in base alla luce solare, cucinano su dei fornelli all'aria aperta esposti a tutto, con galline e molti animali a contatto con le loro cose e mangiano il cibo da loro preparato seduti in mezzo al fango.
I bagni spesso sono delle vere e proprie latrine o nella maggior parte dei casi in qualsiasi luogo si trovino, anche in mezzo alla gente, espellono i loro bisogni fisiologici.
Queste sono tutte le cose che ho osservato in silenzio nei primi giorni ma alle quali mi sono completamente adattata.
Io, un tipo a volte un po' schizzinoso, non ho avuto nessuna difficoltà a vivere in queste condizioni, pensavo di dover avere bisogno di tempo per adattarmi, per razionalizzare che è il loro modo di vivere, invece quando ti guardi intorno dopo un giorno tutto ti sembra così normale, e tutto ciò diventa anche parte di te!
Cosa mi ha insegnato in primis questa esperienza?
La prima cosa che questa esperienza mi ha insegnato, e che spero di riuscire a mantenere, è il sorriso, sorridere sempre, qualsiasi cosa ci accada nella vita e qualsiasi cosa il destino ci preservi bisogna reagire con il sorriso, perché questo genera positività e fa stare bene te e tutte le persone che ti stanno intorno.
Questo viaggio mi ha fatto riscoprire cosa è la felicità, l'ho sempre cercata nelle cose, forse troppo materiali o nelle persone senza mai trovarla, ora ho capito che la felicità è un qualcosa che sta dentro di te, non devi cercarla è lì, davanti a te, devi solo toccarla, assaporarla una volta e cercare di stringerla a te senza più farti abbandonare da lei.
Altro aspetto che mi ha insegnato questo tipo di esperienza è credere.
Credere che realmente Dio esiste, esiste negli sguardi di quei bambini, esiste nei loro sorrisi, Lui è dentro di loro e con il loro sorriso ti ringrazia per ciò che fai per Lui!
Credi che esiste nelle persone come Padre Pierino perché lui solo sa cosa vuol dire donare la propria vita per gli altri.
E' da 30 anni in missione, ha dovuto e deve superare molte difficoltà, dall'essere visto come straniero che vorrebbe imporsi a loro quando semplicemente è lì per aiutarli, al superare i problemi economici, culturali e sociali di quei bimbi.
Lo vedi in Pierino quando consapevole delle mille difficoltà a gestire le sue comunità e si sveglia al mattino e ti guarda con un sorriso contagioso, ti rendi conto che Dio anche nei periodi di difficoltà è lì accanto a te e ti sorride dandoti la forza di superare ogni cosa.
La prima cosa che questa esperienza mi ha insegnato, e che spero di riuscire a mantenere, è il sorriso, sorridere sempre, qualsiasi cosa ci accada nella vita e qualsiasi cosa il destino ci preservi bisogna reagire con il sorriso, perché questo genera positività e fa stare bene te e tutte le persone che ti stanno intorno.
Questo viaggio mi ha fatto riscoprire cosa è la felicità, l'ho sempre cercata nelle cose, forse troppo materiali o nelle persone senza mai trovarla, ora ho capito che la felicità è un qualcosa che sta dentro di te, non devi cercarla è lì, davanti a te, devi solo toccarla, assaporarla una volta e cercare di stringerla a te senza più farti abbandonare da lei.
Altro aspetto che mi ha insegnato questo tipo di esperienza è credere.
Credere che realmente Dio esiste, esiste negli sguardi di quei bambini, esiste nei loro sorrisi, Lui è dentro di loro e con il loro sorriso ti ringrazia per ciò che fai per Lui!
Credi che esiste nelle persone come Padre Pierino perché lui solo sa cosa vuol dire donare la propria vita per gli altri.
E' da 30 anni in missione, ha dovuto e deve superare molte difficoltà, dall'essere visto come straniero che vorrebbe imporsi a loro quando semplicemente è lì per aiutarli, al superare i problemi economici, culturali e sociali di quei bimbi.
Lo vedi in Pierino quando consapevole delle mille difficoltà a gestire le sue comunità e si sveglia al mattino e ti guarda con un sorriso contagioso, ti rendi conto che Dio anche nei periodi di difficoltà è lì accanto a te e ti sorride dandoti la forza di superare ogni cosa.
La difficoltà più grande?
L'impatto più forte l'ho avuto rientrando in Italia e credo di non averlo ancora fatto completamente e di non volerlo fare perché con il corpo sono qui ma con il pensiero e il cuore sono ancora sulla terra rossa.
Mi piace affrontare le giornate dedicando almeno un pensiero a tutti quei bambini che mi chiamavano e mi sorridevano e soprattutto mi abbracciavano.
Ora sono pochi mesi che sono rientrata e oltre a sembrarmi un'eternità mi sono riadattata a fare le stesse cose di prima ma io non sono più quella di prima.
Il Madagascar mi ha dato tanto mi ha insegnato ad osservare e ascoltare con il cuore aperto mi ha fatto ridere mi ha fatto piangere, mi ha cambiata!
La terra rossa, gli odori, i colori gli sguardi e le urla dei bambini che ti salutano, i visi delle mamme che ti sorridono senza nemmeno conoscerti, tutto ti entra dentro, profondamente.
Non è facile spiegare a parole cosa ti succede in tutto quel tempo,ma ti sembra di vivere in un sogno, in una favola, forse non c'è una spiegazione razionale a tutto questo.
Ho cercato di capire nella testa cosa ti accade, ma sbagliavo si può sentire solo con il cuore, perché l'amore la gioia la voglia di esserci sono emozioni che non puoi razionalizzare puoi solo viverle.
I ringraziamenti letti di fronte all'intera comunità che per 3 settimane ci ha accolto:
Abbiamo pensato molto a questo momento, alle parole giuste che avremmo potuto dire, ma non ci sono parole che riescano ad esprimere realmente la nostra devozione a voi.
Un semplice grazie è banale e riduttivo per esprimere l'immensa possibilità che ci avete dato; la possibilità di conoscere Pierino, Paulin e tutti i Padri, di poter conoscere questa comunità, di entrare a contatto con il loro modo di vivere e la loro gentilezza e accoglienza.
Si, accoglienza vera perché a nome di tutti noi posso dire che ci avete accolto nella vostra comunità, nelle vostre case, ci avete fatto sentire parte di questa grande famiglia.
Grazie anche da parte dei nostri cari in Italia, perché erano tutti preoccupati del nostro viaggio in Madagascar.
Quando abbiamo raccontato loro della "grande famiglia" che ci ha ospitato si sono subito tranquillizzati e avrebbero voluto anche loro aver la fortuna di conoscere questo paese fantastico, di conoscere tutti voi!
Il grazie più grande va ai bambini, ci hanno fatto divertire, giocare, sorridere, commuovere, tutte emozioni bellissime che rimarranno indelebili nella nostra mente ma soprattutto nel nostro cuore.
Grazie a chi ha fatto si che tutto questo avvenisse, che ha organizzato tutto e improvvisamente e dolorosamente non ha potuto essere qui.
Grazie Carmen e grazie Barbara perché noi vi abbiamo sentito vicine e qui con noi, in questo magnifico viaggio.
Grazie!!!
Speriamo solamente di essere stati all'altezza delle vostre aspettative.
Grazie a tutti vi portiamo sempre con noi nel nostro cuore
Micol_29 anni
L'impatto più forte l'ho avuto rientrando in Italia e credo di non averlo ancora fatto completamente e di non volerlo fare perché con il corpo sono qui ma con il pensiero e il cuore sono ancora sulla terra rossa.
Mi piace affrontare le giornate dedicando almeno un pensiero a tutti quei bambini che mi chiamavano e mi sorridevano e soprattutto mi abbracciavano.
Ora sono pochi mesi che sono rientrata e oltre a sembrarmi un'eternità mi sono riadattata a fare le stesse cose di prima ma io non sono più quella di prima.
Il Madagascar mi ha dato tanto mi ha insegnato ad osservare e ascoltare con il cuore aperto mi ha fatto ridere mi ha fatto piangere, mi ha cambiata!
La terra rossa, gli odori, i colori gli sguardi e le urla dei bambini che ti salutano, i visi delle mamme che ti sorridono senza nemmeno conoscerti, tutto ti entra dentro, profondamente.
Non è facile spiegare a parole cosa ti succede in tutto quel tempo,ma ti sembra di vivere in un sogno, in una favola, forse non c'è una spiegazione razionale a tutto questo.
Ho cercato di capire nella testa cosa ti accade, ma sbagliavo si può sentire solo con il cuore, perché l'amore la gioia la voglia di esserci sono emozioni che non puoi razionalizzare puoi solo viverle.
I ringraziamenti letti di fronte all'intera comunità che per 3 settimane ci ha accolto:
Abbiamo pensato molto a questo momento, alle parole giuste che avremmo potuto dire, ma non ci sono parole che riescano ad esprimere realmente la nostra devozione a voi.
Un semplice grazie è banale e riduttivo per esprimere l'immensa possibilità che ci avete dato; la possibilità di conoscere Pierino, Paulin e tutti i Padri, di poter conoscere questa comunità, di entrare a contatto con il loro modo di vivere e la loro gentilezza e accoglienza.
Si, accoglienza vera perché a nome di tutti noi posso dire che ci avete accolto nella vostra comunità, nelle vostre case, ci avete fatto sentire parte di questa grande famiglia.
Grazie anche da parte dei nostri cari in Italia, perché erano tutti preoccupati del nostro viaggio in Madagascar.
Quando abbiamo raccontato loro della "grande famiglia" che ci ha ospitato si sono subito tranquillizzati e avrebbero voluto anche loro aver la fortuna di conoscere questo paese fantastico, di conoscere tutti voi!
Il grazie più grande va ai bambini, ci hanno fatto divertire, giocare, sorridere, commuovere, tutte emozioni bellissime che rimarranno indelebili nella nostra mente ma soprattutto nel nostro cuore.
Grazie a chi ha fatto si che tutto questo avvenisse, che ha organizzato tutto e improvvisamente e dolorosamente non ha potuto essere qui.
Grazie Carmen e grazie Barbara perché noi vi abbiamo sentito vicine e qui con noi, in questo magnifico viaggio.
Grazie!!!
Speriamo solamente di essere stati all'altezza delle vostre aspettative.
Grazie a tutti vi portiamo sempre con noi nel nostro cuore
Micol_29 anni
Una “tana” per noi.
Dopo mesi di preparazione, finalmente è arrivato il giorno da noi tanto atteso in cui coronare il sogno di vivere una grande esperienza in Madagascar.
In una stupenda giornata di sole, atterriamo all’aeroporto della capitale Antananarivo, dove troviamo ad attenderci Padre Paulin e Irvy con un cartello con la scritta “Amici padri Monfortani”.
Attraversando la città, ci dirigiamo verso la parrocchia che ci ospiterà per una notte.
Antananarivo è una città frenetica e piena di vita. Tantissima gente per le strade, mercati in cui si vende di tutto: da frutta, verdura, riso, cereali, carne fresca ed essiccata a tessuti ricamati e tecnologia.
I profumi di spezie si mischiano con gli scarichi delle poche auto e dei moltissimi pulmini.
Quando arriviamo alla casa dei Monfortani, Padre Paulin celebra una Santa messa in italiano tutta per noi. Molto toccante.
Cominciamo, così, ad entrare nello spirito di comunità che ci accompagnerà per tutto il mese.
In questa prima notte in Madagascar ci rendiamo conto che il cielo con le sue stelle è veramente meraviglioso.
Di prima mattina carichiamo i bagagli sul taxi Bruss, pulmino che ci porterà a Tamatave, città di Padre Pierino, in cui trascorreremo il resto della nostra avventura.
Il viaggio dura più di otto ore, passando dai 1500 m. degli altipiani alla costa occidentale, dove si trova la nostra destinazione.
Le case di mattoni rossi si confondono con il verde rigoglioso e le risaie si alternano alla terra rossa. Allontanandoci dalla capitale, troviamo capanne di legno con tetti di foglie di banano e di lamiera.
Come iniziamo ad abituarci allo spettacolo della natura, con felci giganti, banani e palme di ogni tipo, ci sembra di ritornare alla realtà occidentale incrociando sulla strada centinaia di camion con container e autocisterne che trasportano materie prime dal porto di Tamatave alla capitale.
La sede stradale è a dir poco disastrosa, piena di buche e con molti automezzi fermi per guasti di ogni tipo. Lungo la carreggiata corre la ferrovia ormai utilizzata solo come trasporto merci, anche se tra un vagone e l’altro salgono le persone per sfruttare un passaggio verso le città.
Dopo aver “macinato” 400 km e aver attraversato le piccole cittadine di Moramanga e Brinkaville, al tramonto arriviamo a Tamatave, dove ci aspetta una bella sorpresa. Nella parrocchia del Sacre Cour, più di cento bambini ci accolgono tra applausi e sorrisi e in mezzo a loro Padre Pierino che apre la sua casa per noi.
Il clima della parrocchia, semplice ed essenziale, i letti con le zanzariere e la tavolata da 18 persone ci ha fatto subito sentire come in una grande famiglia.
Il giorno dopo, accompagnati da Padre Pierino, visitiamo la città. Dopo una passeggiata sulla spiaggia, ammirando l’oceano, arriviamo alla cattedrale dove incontriamo il vescovo Desirè. Per il ritorno sperimentiamo i mitici Pussy Pussy, una sorta di risciò a pedali.
Per noi, questa esperienza è stata una lezione di vita. Abbiamo vissuto e visto cose che ci hanno riportato alla nostra infanzia: quando i nostri nonni e gli anziani del paese tornavano dai campi coi carretti trainati dagli animali o portati a mano; quando vivevamo nei cortili e andavamo in bagno in mezzo all’aia. Ma soprattutto come quando c’era tanta solidarietà tra le famiglie con tanti bambini.
Tanti come i bambini che hanno partecipato al cre, con gli occhioni scuri e sempre con il sorriso sulle labbra.
Silvia e Fiorenzo _ per il 30simo anniversario del loro matrimonio
Dopo mesi di preparazione, finalmente è arrivato il giorno da noi tanto atteso in cui coronare il sogno di vivere una grande esperienza in Madagascar.
In una stupenda giornata di sole, atterriamo all’aeroporto della capitale Antananarivo, dove troviamo ad attenderci Padre Paulin e Irvy con un cartello con la scritta “Amici padri Monfortani”.
Attraversando la città, ci dirigiamo verso la parrocchia che ci ospiterà per una notte.
Antananarivo è una città frenetica e piena di vita. Tantissima gente per le strade, mercati in cui si vende di tutto: da frutta, verdura, riso, cereali, carne fresca ed essiccata a tessuti ricamati e tecnologia.
I profumi di spezie si mischiano con gli scarichi delle poche auto e dei moltissimi pulmini.
Quando arriviamo alla casa dei Monfortani, Padre Paulin celebra una Santa messa in italiano tutta per noi. Molto toccante.
Cominciamo, così, ad entrare nello spirito di comunità che ci accompagnerà per tutto il mese.
In questa prima notte in Madagascar ci rendiamo conto che il cielo con le sue stelle è veramente meraviglioso.
Di prima mattina carichiamo i bagagli sul taxi Bruss, pulmino che ci porterà a Tamatave, città di Padre Pierino, in cui trascorreremo il resto della nostra avventura.
Il viaggio dura più di otto ore, passando dai 1500 m. degli altipiani alla costa occidentale, dove si trova la nostra destinazione.
Le case di mattoni rossi si confondono con il verde rigoglioso e le risaie si alternano alla terra rossa. Allontanandoci dalla capitale, troviamo capanne di legno con tetti di foglie di banano e di lamiera.
Come iniziamo ad abituarci allo spettacolo della natura, con felci giganti, banani e palme di ogni tipo, ci sembra di ritornare alla realtà occidentale incrociando sulla strada centinaia di camion con container e autocisterne che trasportano materie prime dal porto di Tamatave alla capitale.
La sede stradale è a dir poco disastrosa, piena di buche e con molti automezzi fermi per guasti di ogni tipo. Lungo la carreggiata corre la ferrovia ormai utilizzata solo come trasporto merci, anche se tra un vagone e l’altro salgono le persone per sfruttare un passaggio verso le città.
Dopo aver “macinato” 400 km e aver attraversato le piccole cittadine di Moramanga e Brinkaville, al tramonto arriviamo a Tamatave, dove ci aspetta una bella sorpresa. Nella parrocchia del Sacre Cour, più di cento bambini ci accolgono tra applausi e sorrisi e in mezzo a loro Padre Pierino che apre la sua casa per noi.
Il clima della parrocchia, semplice ed essenziale, i letti con le zanzariere e la tavolata da 18 persone ci ha fatto subito sentire come in una grande famiglia.
Il giorno dopo, accompagnati da Padre Pierino, visitiamo la città. Dopo una passeggiata sulla spiaggia, ammirando l’oceano, arriviamo alla cattedrale dove incontriamo il vescovo Desirè. Per il ritorno sperimentiamo i mitici Pussy Pussy, una sorta di risciò a pedali.
Per noi, questa esperienza è stata una lezione di vita. Abbiamo vissuto e visto cose che ci hanno riportato alla nostra infanzia: quando i nostri nonni e gli anziani del paese tornavano dai campi coi carretti trainati dagli animali o portati a mano; quando vivevamo nei cortili e andavamo in bagno in mezzo all’aia. Ma soprattutto come quando c’era tanta solidarietà tra le famiglie con tanti bambini.
Tanti come i bambini che hanno partecipato al cre, con gli occhioni scuri e sempre con il sorriso sulle labbra.
Silvia e Fiorenzo _ per il 30simo anniversario del loro matrimonio